martedì 15 ottobre 2013

E PIU' DI UNO STATO SI AVVIA (A PICCOLI PASSI) VERSO "LA PENA VISIBILE"



Cominciai a parlare de "La Pena Visibile" illustrandone, ancora in forma embrionale, gli aspetti peculiari nell'autunno del 2006, in sei articoli pubblicati sul giornale telematico "Radicali Italiani".
Gli articoli erano piaciuti, erano circolati in qualche blog. Qualche cattedratico, addirittura, mi aveva confessato di aver seguito lo sviluppo di quel mio ragionamento (allora, ancora magmatico e frammentario)  e "atteso con trepidazione" le sei diverse "puntate" in cui si avvicendavano le diverse analisi coi nuovi scenari della pena da me prospettati.
Risultato: La disamina del problema carcere era molto piaciuta ma la proposta finale, la radicale trasformazione che prospettavo per il vetusto modello punitivo carcerario, aveva destato qualche perplessità: "troppo pioneristico", all'"avanguardia", addirittura "utopistico", erano i commenti più frequenti anche tra i più ottimisti.
Da allora sono trascorsi più di sette anni e tante cose sono cambiate.
L'anno 2013, come più volte ricordato, ha segnato in tutta evidenza l'inizio di una graduale trasformazione della sanzione penale. Tale trasformazione, nel giro di 15 anni, porterà alla completa liquidazione delle prigioni (con qualche eccezione per i reati più pericolosi, l'attuale 4,5% della popolazione carceraria) e la scelta di modelli sanzionatori diversi, dentro la società.
C'è una premessa irrinunciabile, un punto di partenza da cui tutte le società devono muovere e far partire la propria riflessione:  tumulare in carcere non ha più senso.  Più di trecento anni di utilizzo delle celle, dell'isolamento, della promiscuità tra "criminali", hanno suggellato il fallimento di un metodo punitivo che vittimizza il reo anziché consapevolizzarlo, lo deresponsabilizza anziché incentivarlo, lo fa regredire psicologicamente anziché dotarlo di maggiori istanze positive. Un modello fondato sull'isolamento, il congelamento, l'inerzia, la passività e, soprattutto, la frequentazione di un unico consesso sociale: quello criminale. Un sistema, pertanto, che già in partenza, rinuncia al cambiamento in positivo del detenuto e pare voler avallare l'ineluttabilità di un suo rientro in carcere, una volta liberato, come "recidivo". Un modello che produce insicurezza e più criminalità sperperando, per ottenere questi infausti risultati, ben due miliardi e mezzo di euro all'anno (nella sola Italia).
Questo punto di partenza è stato ormai interiorizzato, acquisito, da più di uno Stato.

Spostare il baricentro della pena dal carcere alla società è ormai una necessità inderogabile.

La Pena Visibile è un percorso ormai chiaro, concreto, auspicabile e più di uno Stato si sta attrezzando per percorrerlo riproducendone i tratti salienti.
La Francia, per esempio, ha avviato un importante progetto di riforma che la vedrà, a partire dalla primavera del 2014, lavorare su un modello sanzionatorio che preveda l'abolizione del carcere per determinati reati e l'adozione, per il reo, di un percorso "aperto", all'interno della società, liquidando di fatto e per sempre l'utilizzo delle celle e della separazione del reo dal consesso civile positivo.
Ancora più forte e altrettanto spiazzante è stata la posizione adottata dagli Stati Uniti che, dopo il clamoroso fallimento della politica a "tolleranza Zero", per bocca del suo Procuratore Generale (una figura equiparabile al Ministro della Giustizia) Eric Holder ha sottolineato la necessità di una riforma che prenda in considerazione una premessa di fondo. "l'utilizzo del carcere per reati minori è altamente controproducente, non serve a garantire sicurezza al paese e, al contrario, favoriscono un circolo vizioso di povertà, criminalità e carcere che intrappola troppi americani e indebolisce troppe comunità. D'ora in poi le pene più severe verranno applicate ai grossi criminali mentre le persone che hanno commesso reati minori saranno sottoposte a trattamenti disintossicanti e a svolgere servizi per la comunità". Alle dichiarazione del Procuratore Holder si è subito affacciato lo Stato del Kentucky che, con una nuova legge, ha stabilito l'utilizzo del carcere solo per chi ha commesso reati gravi. Col grande risparmio economico che ne deriva, le altre risorse saranno investite in pene alternative.
Anche il Belgio, in tal senso, per quanto in una situazione di problematicità sottodimensionata rispetto ad altri Paesi, ha deciso di rinunciare al carcere "liberando", a partire dal settembre 2013, il 40% della popolazione carceraria destinandola agli arresti domiciliari, misura, in qualche modo, anche opinabile ma inequivocabile segnale dello sbrecciamento  che il mondo delle prigioni sta attraversando.

Spostare il baricentro della pena dal carcere alla società è ormai una necessità inderogabile.

L'anno 2013 segna la data di inizio di questo percorso.




La Pena Visibile (o della fine del carcere), di Salvatore Ferraro, Rubbettino editore, 2013







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