lunedì 26 agosto 2013

IL CARCERE HA ORMAI GLI ANNI CONTATI

L'anno 2013 ha segnato l’inizio di quell’inesorabile percorso che porterà all'abolizione delle prigioni.
Sanzionare certi reati con la reclusione carcere è ormai “fuori dalla storia”.
Nel giro di 15 anni massimo, le galere, ossia il modello punitivo attraverso la tumulazione della persona, spariranno definitivamente: almeno per il 95% delle fattispecie criminali.
A determinare tale radicale trasformazione non saranno spinte di tipo culturale, prese di posizione illuminate o visioni riformatrici da parte di governi lungimiranti ma piuttosto un mix di situazioni (l'insostenibilità economica prima fra tutte) più tenui nella forma e nella sostanza che, però, eroderanno, nei tempi preannunciati, le pareti e il cuore di un modello punitivo che (da tempo)  non ha più ragione di esistere.
La sanzione dovrà essere praticata fuori le mura e dentro la società con una modalità che sarà molto prossima se non identica a quella de “La Pena Visibile”.

La  situazione  italiana attualmente è questa: sul piano economico, mantenere l'attuale modalità punitiva carceraria costa allo Stato due miliardi e mezzo di euro all'anno, negli ultimi dieci anni è costato 21 miliardi di euro, un detenuto costa 180,00 euro al giorno. Ripeto: 180,00 euro al giorno.

Un detenuto: “Aho’ allo Stato je costamo 180,00 euri al giorno!...aho’ 180,00 euri al giorno! Ma si me davano solo la metà…da mò che avevo smesso de ruba’!!!!”

Se poi andiamo a vedere i risultati ottenuti dal carcere grazie al dispendio di queste preziosissime risorse economiche ci accorgiamo che: il percorso opaco, invisibile, dentro le mura di un reo (o presunto tale), il suo stagnare passivamente in promiscuità con altri "delinquenti", la vicinanza con figure più altolocate del crimine, l'assenza di riferimenti ambientali e culturali diversi, creativi, crea strutturalmente (e fattivamente) questi risultati: il reo ricommette (un detenuto su due, una volta fuori, delinque) il reato. Oggi quasi l’80% della popolazione carceraria è destinata alla recidiva. Fallimento, quindi.

“Più di due terzi delle persone che escono dal carcere commettono nuovi reati. Si può trovare un’alternativa? Può lo società stipulare con loro un patto di reciproca responsabilità?”
(Dott. Gherardo Colombo, ex-Procuratore)

Un’analisi più strutturata del percorso (invisibile per la società) del condannato dentro le mura di un carcere evidenzia che il modello sanzionatorio fondato esclusivamente su tumulazione, isolamento, passività porta a questo: vittimizza il detenuto, lo fa auto-assolvere dal reato, lo spoglia delle residuali risorse positive, lo qualifica criminalmente, lo degrada, procura pesanti regressioni psicologiche. Con una ricaduta spesso inesorabile di questi nella devianza e un conseguente danno per la società e la sua sicurezza.
E sul piano strettamente punitivo? Niente. Il detenuto, col trascorrere del tempo in inattività, passivamente, “convalescente”, attua un processo di assuefazione totale alla privazione della libertà e adatta
Fallimento, quindi.

Sanzionare con la prigione, con il carcere, è ormai “fuori dalla storia”.

A dare man forte a questa previsione, c'è la (davvero inaspettata) presa di posizione di qualche settimana fa del Procuratore Generale degli Stati Uniti (una figura istituzionale equivalente al nostro Ministro della Giustizia) Eric Holder che ha comunicato al suo paese l'esigenze (la "prepotente urgenza" direbbe qualcuno)  di un drastico mutamento nella concezione della pena  in quanto "le prigioni sono diventate troppo costose da mantenere e, soprattutto, per i reati minori si sono rivelate controproducenti, non servono a garantire maggiore sicurezza al Paese e, al contrario, favoriscono un circolo vizioso di povertà, criminalità e carcere che intrappola e indebolisce la comunità. Vista la quantità sproporzionata di persone detenute dobbiamo fare in modo che il carcere sia utile e non diventi un magazzino  o un dimenticatoio. D'ora in poi le pene più gravi verranno applicate solo ai  grossi criminali mentre le persone che hanno commesso reati minori dovranno svolgere servizi per la comunità"
Cioè, quello che è stato negli ultimi 20 anni un modello di "tolleranza Zero" è oggi il primo ad "alzare le mani" e invocare un drastico cambio di direzione nel modo di gestire la sanzione penale.
In pratica, la visione prospettata da "La Pena Visibile". Lo scenario definitivo che si affermerà dal prossimo decennio e che obbligherà molti Stati a entrare in un’ottica sanzionatoria diversa: la creazione di un nuovo percorso sanzionatorio che rinunci (almeno per i reati non gravi) al modello totalmente soppressivo e tumulante dell’antiquata prigione e riesca a perimetrale una pratica reale, sociale, della regola che responsabilizzi, da una parte, il reo e, dall’altra, gli dia la possibilità di percorrere consessi sociali più ricchi e variegati possibili consentendogli di ripristinare, responsabilmente e attivamente, il suo rapporto con la società.

“I pericolosi sono la netta minoranza: circa 9.000. E’ logico e opportuno applicare una sanzione dello stesso tipo (il carcere) sia ai primi che ai secondi? Si può rispondere con sicurezza di no!
(dott. Gherardo Colombo, ex-Procuratore)

“Non si potrebbe, infine, pensare a pene diverse dal carcere, a condannati che pagano il loro debito verso la società, per esempio, compiendo lavori utili per la società stessa, in una “riparazione costruttiva”? (Carlo Arturo Jemolo, giurista)

di
Salvatore Ferraro




martedì 20 agosto 2013

LA PENA VISIBILE: HANNO SCRITTO, HANNO DETTO...




"Vi suggerirei il libro di Salvatore Ferraro. Condivido alcune cose che dice in modo radicale"
(Gherardo Colombo, ex-magistrato, da un'intervista rilasciata alla rivista Conflitti)

"Un'idea diversa che merita di essere ascoltata"
(Maurizio Tortorella, Panorama)

"La Pena Visibile non è un libro dei sogni, delinea un percorso graduale riformatore per l'eliminazione del carcere"
(Geppi Rippa, Agenzia Radicale)

"E’ un saggio originale, completo, positivo, che fa un bilancio ragionato della realtà del carcere e guarda al percorso della pena in ottica costituzionale"
(Fabio Viglione, Avvocato Penalista)

"Il punto archimedico è qui: rendere visibile la pena, fare in modo che il condannato la sconti a contatto con una porzione di quella società in cui pure dovrebbe reinserirsi. Non sono i sogni compensatori di un giovane giurista che ha avuto guai con la giustizia, sono parte di un dibattito ormai pluridecennale sul superamento del carcere"
(Guido Vitiello, Corriere della Sera)

"La Pena Visibile: Ecco la rivoluzione pellichiana"
(Isabella Pascucci, Leggo)

"La Pena Visibile non si limita ad argomentare la tesi della del fallimento della pena carceraria ma propone razionalmente una nuova teoria dell'esecuzione penale"
(Antonella Barone, educatrice, Le Due Città)

"Concludo: ho cominciato a leggere "La Pena Visibile" di Salvatore Ferraro. Fin dalle prime pagine ho avuto la conferma delle storie che ho raccontato: il carcere è una fucina di recidiva, un microcosmo dove c'è l'identico sistema di valori dell'ambiente in cui era maturata la giustificazione a compiere l'atto criminoso; il carcere crea dipendenza dal carcere e dipendenza dal reato; il detenuto diviene un numero inattivo che 24 ore su 24 si nutre di subcultura carceraria; da colpevole si sente vittima del sistema; il carcere diventa la normalità, il gruppo sociale ideale, una casa famiglia; dopo un po' di mesi si attenua anche il significato della privazione della libertà. Ringrazio Ferraro per il suo libro"
(Francesco Lo Piccolo, Huffington Post)

"Resta da sperare che il Paese che ha dato i natali al filosofo Cesare Beccaria sappia recuperare quello spirito illuminista e riformatore che nel tempo ha prodotto importanti conquiste di civiltà come l'abolizione della pena di morte. Magari anche facendo tesoro delle idee anticonformiste di Salvatore Ferraro"
(Marco Ciello, Lettera Politica dalla scuola di Massimo Cacciari)


" Leggete la Pena Visibile, farete un gran regalo al vostro cervello"
(Vittorio Pezzuto, giornalista e biografo di Enzo Tortora)


 La Pena Visibile (o della fine del carcere), Salvatore Ferraro, Rubbettino Editore


lunedì 19 agosto 2013

LA PENA VISIBILE: UN'IDEA CHE VUOLE ANDARE OLTRE IL CARCERE

Da La Riviera del 18 Agosto 2013

L'incipit del libro la Pena Visibile è già molto significativo: un dialogo.  Un dialogo vero, tra due persone. Quasi il desiderio (esaudito) dell'autore di rompere subito quel muro di gelo con la società, i cittadini e insinuare il germe della possibilità di un confronto vero su una tematica respingente, sgradevole come il carcere e la punizione. Entri così dentro La Pena Visibile (o della fine del carcere - Rubbettino Editore), con un dialogo, e vieni subito catturato dal vortice della sua combinazione creativa di idee, analisi scientifica, scrittura creativa. Ci entri, prima con la paura, forte, di trovarti di fronte il solito "mattone"  accademico indigeribile su un argomento altrettanto indigeribile come il carcere per poi scoprire che ad accompagnarti in questo viaggio dentro gli inferi delle galere c'è una scrittura leggera e argomenti suggestivi, forti, pieni di esempi presi dall'esperienza che l'autore ha vissuto personalmente o che ha ricevuto dalla testimonianza di altri detenuti ma anche di magistrati, poliziotti penitenziari, educatori, scrittori e vittime del reato. Il libro ti aiuta davvero a capire tutto del carcere, delle ragioni per cui in quasi tre secoli di storia non sia riuscito a produrre risultati utili, dimostra addirittura, e sono pagine efficacissime, le ragioni per cui la stragrande maggioranza di chi entra in un carcere è destinato quasi "compulsivamente" a ricommettere il reato.  Con bozzetti teatrali molto efficaci (Ferraro da anni racconta il carcere a teatro con spettacoli musicali e la Band Presi Per Caso) l'autore supera i momenti di dialogo più difficili, quelli che negli anni hanno creato più emotività, pregiudizio, paura. E poi arriva la proposta, quella Pena Visibile, che sta già facendo molto discutere. Pioneristica, anticonformista, audace, opinabile ma da prendere in considerazione, radicale, rivoluzionaria, riformatrice...ecco alcuni dei giudizi che sono stati formulati intorno all'idea, al progetto riformatore contenuto nel libro La Pena Visibile (o della fine del carcere - Rubbettino Editore). Un'idea che guarda avanti, convinta che l'esperienza del carcere, almeno per i reati meno gravi, abbia fatto il suo tempo e che, come tutti i prodotti culturali e storici, debba prima o poi essere sostituita da altro. Quello di Ferraro è un invito a cominciare a pensare già da ora diversamente, a scarcerarci da dentro, a liberarci da un'idea evidentemente fuorviante: quella che il carcere sia qualcosa di eterno. Perché i cambiamenti, spesso, sono repentini e ci colgono di sorpresa. E come disse il filosofo francese Alain Brossat "noi in un futuro a noi prossimo guarderemo alle carceri come oggi guardiamo ai lager nazisti" ossia con orrore e con la consapevolezza di aver attraversato questa esperienza con un'evidente perdita della ragione. La ragione, ecco: il percorso della Pena Visibile è cosi semplice e razionale, sconfigge così efficacemente i paradossi del carcere, suggerisce in modo drastico che un cambiamento deve finalmente arrivare. Oggi in carcere ci sono 66.000 detenuti di cui solo 9.000 sono quelli pericolosi o condannati per reati gravi. per quei 57.000 detenuti per reati non gravi sarebbe giunta ora di pensare a qualcosa di diverso.
Le idee oltre il carcere, come vedete, ci sono.



mercoledì 14 agosto 2013

PRESENTAZIONE DEL LIBRO "LA PENA VISIBILE" A SIDERNO


Domenica 18 Agosto alle ore 19,00 presso lo splendido KUKUMERLA di SIDERNO (Villa Comunale), Presentazione del libro LA PENA VISIBILE (o della fine del carcere - Rubbettino Editore)

Ne parleranno con l'autore:
Avv. Antonella Sotira
Avv. Giuseppe Belcastro




Non mancate!
 

mercoledì 7 agosto 2013

LA PENA VISIBILE, IL CARCERE FUORI


PUBBLICATO IL 30 LUGLIO 2013
MARCO DEL CIELLO
L’estate della politica italiana è cominciata con le dichiarazioni dei ministri della Giustizia Cancellieri e della Difesa Mauro a favore di un provvedimento di amnistia che risolva finalmente il problema del sovraffollamento carcerario. Negli stessi giorni il Presidente della Repubblica Napolitano riceveva Marco Pannella solo per confermare al leader radicale la sua attenzione per le condizioni di vita dei detenuti. Infine, il 26 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il cosiddetto Decreto Carceri [1], con l’obiettivo di aumentare il ricorso alle pene alternative.
Il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. (Ansa/Guido Montani)
DECRETO CARCERI NON È SUFFICIENTE. Un testo normativo che si muove certo nella giusta direzione, ma che già a una prima occhiata risulta largamente insufficiente di fronte alle dimensioni del problema: secondo i dati del Ministero della Giustizia, aggiornati al 31 maggio, in Italia ci sono 65.886 detenuti per soli 46.995 posti, con un tasso di affollamento pari al 140%.
IL CONTO ALLA ROVESCIA DELL’EUROPA.E non è solo un dramma umanitario, perché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ci ha concesso meno di un anno di tempo, fino a maggio 2014, per riportare la situazione alla normalità. Scaduto questo termine, quasi ogni detenuto avrà diritto a un risarcimento nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro per il trattamento subito. Senza contare la vergogna di essere ufficialmente etichettati come l’unico Paese europeo in cui ancora si pratica sistematicamente la tortura.
AMNISTIA O PENE ALTERNATIVE? Sempre più politici e intellettuali indicano l’amnistia come soluzione al problema del sovraffollamento, ma c’è anche chi si sforza di ragionare fuori dagli schemi e di immaginare alternative radicali al carcere stesso. Salvatore Ferraro, ad esempio, ha da poco dato alle stampe un volume (La pena visibile, Rubettino, 2013) in cui raccoglie i frutti di anni di riflessione e al tempo stesso getta i semi per un possibile e auspicabile dibattito di ampio respiro sulla pena e la sua esecuzione.
La pena visibile, il libro di Salvatore Ferraro.
LA PENA VISIBILE, IL LIBRO DI FERRARO.Ferraro, lui stesso ex detenuto e appassionato studioso di diritto, riassume nei primi capitoli del suo libro tutte le critiche che accompagnano l’istituzione carcere fin dalla sua nascita, e in particolare l’incapacità di rieducare i condannati – incapacità testimoniata in Italia da un tasso di recidiva pari al 68%, più di due detenuti su tre tornano cioè a delinquere una volta scontata la pena –, per poi avanzare una proposta articolata e originale.
IL LAVORO AL POSTO DELLA DETENZIONE. La maggior parte dei detenuti, oltre il 90%, non ha commesso reati violenti come l’omicidio e la rapina, questo il suo ragionamento, perciò non rappresentano un pericolo immediato per la società. Perché quindi rinchiuderli in carcere, cioè in un un ambiente dove l’illegalità è la norma e i detenuti non hanno nessun incentivo a cambiare in meglio il proprio comportamento? E se invece questi criminali non violenti fossero inseriti in un contesto lavorativo, dove potrebbero essere tenuti sotto controllo e al tempo stesso interagire in modo positivo con la società circostante? Se, insomma, la loro pena diventasse visibile, come suggerisce il titolo del libro?
RIEDUCAZIONE E CROLLO DELLA RECIDIVA. Ferraro immagina musei e biblioteche dove la riabilitazione del condannato avviene attraverso il lavoro in una realtà completamente diversa dal carcere, e sappiamo per esperienza che tra quanti già oggi usufruiscono di misure alternative alla detenzione il tasso di recidiva crolla dal 68 al 19%. La pena mantiene intatto il suo contenuto afflittivo, ma questo si riduce a quanto previsto espressamente dalla Costituzione e dalle leggi e cioè la privazione della libertà di movimento. Il condannato vive ristretto tra gli spazi di casa sua e del luogo di lavoro, ma non deve subire tutti i piccoli e grandi abusi e le privazioni aggiuntive a cui sono sottoposti i detenuti, dalle perquisizioni immotivate fino alla mancanza di cure mediche adeguate, senza contare la separazione dalla famiglia e dagli amici.

INCENTIVI PER LA BUONA CONDOTTA. Al tempo stesso deve però mettere costantemente a confronto la sua condizione con quella di colleghi e utenti che invece godono di piena libertà. Se questo confronto rende per contrasto più dolorosa la sua privazione, gli offre anche un modello positivo da seguire per riacquistare la piena libertà di movimento. Durante l’esecuzione della pena il suo comportamento viene valutato periodicamente e può essere punito con il ritorno in carcere oppure premiato con la concessione di spazi sempre più ampi dove spostarsi, dal cortile del museo o della biblioteca fino all’intero quartiere. Ha quindi due ottimi motivi per tenere una buona condotta: conservare i vantaggi di cui gode e guadagnarne di nuovi.
CONTRO LA FOLLIA DISORDINATA DELLE CARCERI.L’autore espone il suo ambizioso progetto in meno di duecento pagine, con l’ausilio di citazioni, grafici ed elenchi puntati. Non mancano paragrafi dialogici, sul modello platonico, per meglio illustrare i passaggi più delicati e rispondere alle principali obiezioni. Ulteriori spunti sono disponibili sul blog omonimo del libro . Per forma e contenuti uno sforzo ammirevole di intelligenza, un disegno cartesiano che si contrappone alla follia disordinata delle nostre carceri, luoghi dove per paradosso un’istituzione che non riesce a rispettare le sue proprie leggi – e le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ne sono solo la più autorevole testimonianza – dovrebbe insegnare ai condannati il rispetto della legge. Resta da sperare che il Paese che ha dato i natali al filosofo Cesare Beccaria sappia recuperare quello spirito illuminista e riformatore che nel tempo ha prodotto importanti conquiste di civiltà come l’abolizione della pena di morte. Magari anche facendo tesoro delle idee anticonformiste di Salvatore Ferraro.