mercoledì 18 dicembre 2013

CARCERE: SI LAVORA COI PICCOLI NUMERI E CON LE MICROSCOPICHE MANUTENZIONI TRALASCIANDO LA VERA "RISTRUTTURAZIONE"

Sulla questione carcere si tergiversa troppo. Si sistema qualche piccolo problema, se ne procrastina qualcun altro di più pesante e urgente. Si lavora coi piccoli numeri e con le microscopiche manutenzioni tralasciando la vera ristrutturazione che dovrebbe passare attraverso una drastica rilettura del modello punitivo in sé nonché da una sfrondata (con aggiornamento annesso) decisa al vetusto Codice Penale che da anni ormai parla a un consorzio sociale che non esiste più.
il Decreto varato ieri è, per carità, un razionale passettino in avanti sul terreno della "buona gestione" del problema del sovraffollamento, soddisfa l'esigenza di acquietare qualche animo, ha il pregio di non affermarsi attraverso una misura deflattiva come l'indulto che, in questo momento storico, si rivelerebbe disastrosa.
E' una misura che si giova della matematica: 30 giorni di scarcerazione anticipata in più, alzi di un anno il tetto per accedere all'affidamento in prova e...tremila reclusi sono fuori!
Matematica, appunto.Il diritto c'entra poco.
E', altresì, una misura che supporta, "sponsorizza", in maniera esasperata la misura detentiva "domiciliare" e sebbene, al momento, la stessa potrebbe rivelarsi utile per drenare un po' di umanità fuori dalle mura sottraendola alla tortura dell'infernale delle nostre prigioni  c'è un'inquietudine di fondo che tali scelte lasciano inevitabilmente trapelare: perché la scelta dei domiciliari? E' un "parcheggio provvisorio"?  E', al contrario, una scelta che lascia intravedere scenari futuri della sanzione
Ci sono ragioni forti per sottrarre ai "domiciliari" la valenza di "buona" sanzione (intendiamoci, qualsiasi sanzione diversa dal carcere è sempre più utile del carcere), ragioni che provo a esporvi qui sotto ripescandoli dalla mia recente pubblicazione presso l'editore Rubbettino "LA PENA VISIBILE

Gli arresti domiciliari? No, grazie!
Anche gli arresti (tecnicamente "detenzione") domiciliari hanno dimostrato, nel tempo, di essere una misura in grado di contenere il fenomeno della recidiva. Sono una sanzione dotata di una certa forza e, sul piano afflittivo, hanno spesso dimostrato peculiarità più incisive rispetto alla pena carceraria.Gli arresti domiciliari contengono, però, rispetto al carcere, delle positività importanti: permettono, per esempio, al reo la coltivazione degli affetti familiari, limitano l’interazione con ambienti «inquinati», realizzano una delle forme di auto-controllo più interessanti ed efficaci il cosiddetto meccanismo del reo carceriere di se stesso.Gli arresti domiciliari, però, soffrono di palesi limiti e controindicazioni dovuti, principalmente, alla natura prettamente «domestica» della misura. Condizione che finisce per riprodurre, in negativo, alcuni momenti della reclusione intramuraria. Infatti, gli arresti domiciliari:

a. non responsabilizzano;
Il reo è ristretto a casa propria. In questo modo gli vengono precluse tutte le attività responsabilizzanti. Così, dopo un po’ di tempo, la misura ricrea quello stato di convalescenza carcerario che è uno dei meccanismi più deresponsabilizzanti. Il reo «non può fare», egli è assistito (spesso, riverito) dal nucleo familiare. La condizione esclusivamente domestica nega al reo qualsiasi tipo di interazione attiva obbligandolo, di fatto, a non poter essere responsabile, a non progredire, molto più spesso a regredire.

b. Sono inerti e improduttivi;
La costrizione domestica, a lungo andare, abbrutisce. Essa si concretizza in una interminabile sequela di azioni identiche e ripetute che agevola l’inerzia e il torpore. L’assenza di attività vera rende questa misura improduttiva e sterile;

c. Vengono eseguiti in un ambiente troppo permissivo e non nuovo;

L’ambiente familiare, anche quello più sobrio e virtuoso (e non è sempre la regola) difficilmente potrà costituire per il reo un sistema di interazione che rinnova credenze e valori e sia in grado di comunicare riprovazione. L’ambiente familiare è un nucleo sociale troppo conosciuto che si pone, spesso, con remissività rispetto alle esigenze, agli stessi voleri del reo. Esso riproduce dinamiche e interazioni sociali ripetute, in qualche modo, usurate da un pregresso troppo consolidato: insufficiente quindi a modificare o condizionare in senso sostanziale le scelte future del reo.

d. Rendono difficile la pratica della regola positiva;
L’ambiente familiare, per le stesse difficoltà di cui sopra, ben difficilmente potrà instaurare una serie di relazioni e interazioni attive finalizzate alla pratica della regola positiva (da La Pena visibile, di Salvatore Ferraro, Rubbettino Editore, pagg. 101-102)

Ecco, ben venga questo decreto che, in quanto tale, si inserisce con tutta la sua provvisorietà e interlocutorietà tutta emergenziale a offrire una piccola ma significativa manutenzione all'obbrobrio  delle nostre prigioni.  Non cadiamo, però, nella trappola (anche in buona fede) di vedere in questi modelli degli scenari futuri auspicabili della sanzione penale. Il percorso da fare è tutt'altro...




da La Pena Visibile (o della fine del carcere), di Salvatore Ferraro, Rubbettino Editore