Carcere: la resa è iniziata.
La fine di questo modello antiquato e improduttivo di sanzione è,
ormai, alle porte.
La crisi finanziaria internazionale sta presentando i suoi conti.
L'impatto è duro, durissimo. Dappertutto.
Colpirà anche le prigioni. Il mondo delle galere non avrà condoni.
Portare ancora avanti questo modello tradizionale di punizione è
insostenibile. Oggi punire con il carcere costa ogni anno al nostro Paese
due miliardi e mezzo di euro (nel 2007 si toccò la cifra record di tre miliardi
e novantacinque milioni). In circa dieci anni si è arrivati a spendere ben 29
miliardi di euro. Sarà ancora possibile affrontare questi costi?
E soprattutto...per quale ragione continuare a sostenerli?
Il dato pacifico sul carcere è questo: l'assenza di
risultati positivi. Questa vetusta forma di sanzione, in termini di
riduzione della criminalità, ricollocazione del reo in un ambito lavorativo e
recupero della regola violata, è approdata a risultati pari allo zero. Al
contrario, il mantenimento del costoso sistema punitivo tradizionale vede il
tasso di recidiva sempre altissimo: i recidivi sono il 68% della popolazione carceraria.
"Più di
due terzi delle persone che escono dal carcere commettono nuovi
reati"
Gherardo Colombo - Magistrato
Questo significa non solo che il carcere, in tutti questi anni,
non è stato in grado di orientare, modellare, intervenire sulle scelte future
del detenuto verso regole e valori condivisi ma, più paradossalmente, è stato
esso stesso un forte contribuente nel consolidare e rafforzare nel detenuto
propositi devianti.
D'altronde, una filosofia afflittiva fondata sulla reclusione,
sull'inerzia, sull'isolamento, la separazione netta dalla società, la
promiscuità con altri rei non poteva e non può insegnare a
risocializzare. Né può creare nel reo scenari diversi, percorsi diversi,
interessi nuovi. Al massimo, può vittimizzare, deresponsabilizzare e rendere,
in virtù della promiscuità, più solidi e suggestivi gli input dell'ambiente
deviante che il reo ritrova in carcere.
La resa è, dunque, iniziata. La stoccata non è solo di tipo
economico.
Il quadro è ulteriormente peggiorato dalla scelta, quasi
obbligata, delle professionalità carcerarie che, evidentemente avvilite,
demotivate, fiaccate da un andazzo che procura solo frustrazione, optano
per "l'immediato ritiro delle truppe dal campo di battaglia".
"Questi professionisti del «trattamento»,
poco a poco, si sono rifugiati
negli uffici,
abbandonando il campo di battaglia…"
Lucia
Castellano - direttore carcere
Poliziotti ed educatori, psicologi e personale scelgono di
auto-recludersi negli uffici, nei ministeri, scelgono la via burocratica perché
evidentemente saturi di un sistema che non ha più ragione di esistere (almeno
per quel 94,6% di detenuti ritenuti non pericolosi). E oggi di questi due
miliardi e mezzo di spese annuali quasi l'80% (il 79,2%) è destinato al
mantenimento della burocrazia penitenziaria: ossia a carte bollate, uffici,
amministrativi, dirigenti ecc. , il 13% alla cosiddetta
"rieducazione" del detenuto, 4,4% all'ordinaria manutenzione
delle carceri, il 3,4% al mantenimento di alcuni servizi (sì, insomma, le
bollette di luce e acqua).
Per la rieducazione del reo vengono in media spesi 0,08 centesimi
al giorno!!!! o meglio 2,6 euro al mese!!! e provare a "creare" un
nuovo posto in carcere per un detenuto costerebbe alla collettività 27.638,30
euro a cui andrebbero però aggiunte le spese ulteriori per l'aumento della
sorveglianza, il personale ecc.
E allora, che fare?
Mantenere questo stato di cose è impossibile. E' ora di pensare
seriamente a qualcos'altro.
Basta carcere. La pena sia, dunque, visibile. Utile, produttiva ed
economicamente più vantaggiosa. Una sanzione espiata fuori le mura (per i
detenuti non pericolosi, ossia il 94,6% della popolazione carceraria)
consentirebbe un notevole risparmio economico: almeno il 50%.
Riflettiamoci...ma non troppo a lungo!
(S.F.)
UNA PROPOSTA C'E'
Nessun commento:
Posta un commento