A organizzare la prima socialità
è stata l'avvocato Antonella Sotira, mia amica di lunga data, per l'associazione
Iusgustandum. Il locale scelto, una
graziosa Enoteca vicino al "cuore giudiziario" della capitale, ossia
Piazzale Clodio (brividi). Pensavo di dover interloquire con una quindicina di
persone. Alla fine, la prima "socialità" è stata una stanza stipata
da oltre quaranta persone (metafora del sovraffollamento carcerario?) calorose,
partecipative, attente e interessate a offrire il proprio contributo allo
scambio di idee.
Un successone, dunque. Brava
Antonella.
Come mi aspettavo l'idea di pena,
di punizione, di sanzione, di risarcimento
del danno derivante da reato cambiano di bocca in bocca, di sensibilità in
sensibilità. Di storia in storia. Per esempio, alla mia prima domanda "se
voi foste vittima di un reato, che misura vorreste per il reo?" il
ventaglio di risposte e proposte è stato il più ampio possibile:
dall'umiliazione pubblica del reo, alla semplice e pura reclusione fino a
passare a chi ha auspicato per il proprio "aguzzino" un percorso
riabilitativo e risarcitorio fondato sul lavoro, soprattutto quello socialmente
utile. Un punto fermo che reputo molto
importante è stata la comune sensazione di "spiazzamento" per il
fatto che il percorso sanzionatorio del reo e quello risocializzante venga
completamente sottratto alla vista della società e della vittima del reato. Come
affermo nel mio libro, la mancata visione di questo percorso è decisiva.
Immaginare la pena è per società e vittima del reato un mero esercizio di
aspettativa di cui mai si saprà l'effettiva soddisfazione. Mentre il percorso
del reo va in un'altra direzione.
Ho raccontato, in tal senso, il percorso
sanzionatorio inciampi in elementi strutturali della pena che finiscono per
vittimizzare il reo anziché consapevolizzarlo del disvalore dell'atto
delittuoso commesso. La denudazione del reo (spesso accompagnata da ispezione anale)
al momento dell'ingresso, lo sfibramento nervoso creato nel detenuto
dall'interminabile sequela di percosse ritmiche su grate, blindati, l'ingiusta e illegittima estensione dei
contenuti afflittivi anche ai familiari dei detenuti (con le conseguenti,
pericolose, ricadute sociali) hanno suscitato nei presenti una comune reazione
di disagio. Perché queste cose non si vedono e, spesso, neanche si sanno.
Per cui si è anche riflettuto sul
rischio di un modello di sanzione che troppo spesso anziché modificare in
positivo il sistema di credenze e valori del reo ne acuisce il senso di
rivalsa, diviene spesso sterile tortura, non crea utilità per la società e per
la vittima del reato.
Presenti alcuni professionisti
del settore, è stato sottolineato come sarebbe opportuno fare un distinguo tra
rei in qualche modo potenzialmente recuperabili e quelli che non lo sono;
mentre altra parte affermava che coloro che entrano in carcere, in virtù della
sussistenza di una doppia condanna, sono da considerare sempre e comunque
pericolosi. Ho sottolineato, al contrario, come dati del Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria, confermati da illustri magistrati,
attestino la percentuale dei detenuti effettivamente pericolosi su un 5,4%. I
non pericolosi sono la stragrande maggioranza. Qualcuno ha ricordato il costo
giornaliero di un detenuto - sui 150 euro - e io ho riportato i dati su costi
annuali del sistema carcerario: due miliardi e mezzo di euro all'anno. Troppo
per un modello punitivo che produce tanta recidiva.
Mi sono state rivolte alcune domande
sulla vita carceraria, sulla mia esperienza personale. Ho raccontato qualche
storia, qualche episodio significativo. Uno dei commensali ha chiesto della
sessualità in carcere: un argomento delicato. La medicina penitenziaria ha
dimostrato come l'inaridimento della sfera affettiva, emotiva e sessuale generi
danni gravi e perversioni pericolose. In carcere la sessualità è depressa e le
pratiche, degradanti e mortificanti, dell'autoerotismo sono all'ordine del
giorno.
Un'ora e mezza di socialità è
scivolata via velocemente (proprio come accadeva in quell'ora e mezza di
convivialità in carcere). Purtroppo mi
difetta il dono della sintesi e i tanti argomenti che volevo ancora proporre (legati
alle dinamiche dell'ambiente carcerario, della promiscuità, della recidiva e la
stessa presentazione del mio progetto di sanzione alternativa chiamato,
appunto, Pena Visibile) non sono stati nemmeno toccati. Tanti, tantissimi gli
argomenti rimasti in sospeso e di cui si è auspicata l'immediata trattazione.
Un segnale importante. Il carcere è sempre meno distante.
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