L'anno 2013 ha segnato l’inizio di
quell’inesorabile percorso che porterà all'abolizione delle prigioni.
Sanzionare certi reati con la reclusione carcere è ormai “fuori dalla storia”.
Nel giro di 15 anni massimo, le
galere, ossia il modello punitivo attraverso la tumulazione della persona, spariranno
definitivamente: almeno per il 95% delle fattispecie criminali.
A determinare tale radicale
trasformazione non saranno spinte di tipo culturale, prese di posizione illuminate
o visioni riformatrici da parte di governi lungimiranti ma piuttosto un mix di
situazioni (l'insostenibilità economica prima fra tutte) più tenui nella forma
e nella sostanza che, però, eroderanno, nei tempi preannunciati, le pareti e il
cuore di un modello punitivo che (da tempo) non ha più ragione di esistere.
La sanzione dovrà essere
praticata fuori le mura e dentro la società con una modalità che sarà molto
prossima se non identica a quella de “La Pena Visibile”.
La situazione
italiana attualmente è questa: sul piano economico, mantenere l'attuale
modalità punitiva carceraria costa allo Stato due miliardi e mezzo di euro
all'anno, negli ultimi dieci anni è costato 21 miliardi di euro, un detenuto
costa 180,00 euro al giorno. Ripeto: 180,00 euro al giorno.
Un detenuto: “Aho’ allo Stato je costamo 180,00 euri al giorno!...aho’ 180,00 euri
al giorno! Ma si me davano solo la metà…da mò che avevo smesso de ruba’!!!!”
Se poi andiamo a vedere i
risultati ottenuti dal carcere grazie al dispendio di queste preziosissime
risorse economiche ci accorgiamo che: il percorso opaco, invisibile, dentro le
mura di un reo (o presunto tale), il suo stagnare passivamente in promiscuità
con altri "delinquenti", la vicinanza con figure più altolocate del
crimine, l'assenza di riferimenti ambientali e culturali diversi, creativi,
crea strutturalmente (e fattivamente) questi risultati: il reo ricommette (un
detenuto su due, una volta fuori, delinque) il reato. Oggi quasi l’80% della
popolazione carceraria è destinata alla recidiva. Fallimento, quindi.
“Più di due terzi delle persone che escono dal carcere commettono nuovi
reati. Si può trovare un’alternativa? Può lo società stipulare con loro un
patto di reciproca responsabilità?”
(Dott. Gherardo Colombo,
ex-Procuratore)
Un’analisi più strutturata del
percorso (invisibile per la società) del condannato dentro le mura di un
carcere evidenzia che il modello sanzionatorio fondato esclusivamente su
tumulazione, isolamento, passività porta a questo: vittimizza il detenuto, lo
fa auto-assolvere dal reato, lo spoglia delle residuali risorse positive, lo
qualifica criminalmente, lo degrada, procura pesanti regressioni psicologiche.
Con una ricaduta spesso inesorabile di questi nella devianza e un conseguente
danno per la società e la sua sicurezza.
E sul piano strettamente
punitivo? Niente. Il detenuto, col trascorrere del tempo in inattività,
passivamente, “convalescente”, attua un processo di assuefazione totale alla
privazione della libertà e adatta
Fallimento, quindi.
Sanzionare con la prigione, con
il carcere, è ormai “fuori dalla storia”.
A dare man forte a questa previsione,
c'è la (davvero inaspettata) presa di posizione di qualche settimana fa del
Procuratore Generale degli Stati Uniti (una figura istituzionale equivalente al
nostro Ministro della Giustizia) Eric Holder che ha comunicato al suo paese
l'esigenze (la "prepotente urgenza" direbbe qualcuno) di un drastico mutamento nella concezione
della pena in quanto "le prigioni sono diventate troppo
costose da mantenere e, soprattutto, per i reati minori si sono rivelate
controproducenti, non servono a garantire maggiore sicurezza al Paese e, al
contrario, favoriscono un circolo vizioso di povertà, criminalità e carcere che
intrappola e indebolisce la comunità. Vista la quantità sproporzionata di
persone detenute dobbiamo fare in modo che il carcere sia utile e non diventi
un magazzino o un dimenticatoio. D'ora
in poi le pene più gravi verranno applicate solo ai grossi criminali mentre le persone che hanno
commesso reati minori dovranno svolgere servizi per la comunità"
Cioè, quello che è stato negli
ultimi 20 anni un modello di "tolleranza Zero" è oggi il primo ad
"alzare le mani" e invocare un drastico cambio di direzione nel modo
di gestire la sanzione penale.
In pratica, la visione
prospettata da "La Pena Visibile". Lo scenario definitivo che si
affermerà dal prossimo decennio e che obbligherà molti Stati a entrare in
un’ottica sanzionatoria diversa: la creazione di un nuovo percorso
sanzionatorio che rinunci (almeno per i reati non gravi) al modello totalmente
soppressivo e tumulante dell’antiquata prigione e riesca a perimetrale una
pratica reale, sociale, della regola che responsabilizzi, da una parte, il reo
e, dall’altra, gli dia la possibilità di percorrere consessi sociali più ricchi
e variegati possibili consentendogli di ripristinare, responsabilmente e
attivamente, il suo rapporto con la società.
“I pericolosi sono la netta minoranza: circa 9.000. E’ logico e
opportuno applicare una sanzione dello stesso tipo (il carcere) sia ai primi
che ai secondi? Si può rispondere con sicurezza di no!
(dott. Gherardo Colombo, ex-Procuratore)
“Non si potrebbe, infine, pensare a pene diverse dal carcere, a
condannati che pagano il loro debito verso la società, per esempio, compiendo
lavori utili per la società stessa, in una “riparazione costruttiva”? (Carlo
Arturo Jemolo, giurista)
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