Quando mi trovavo "dentro" avevo un
vicino di cella egiziano. La mattina, prima di andare all'"ora
d'aria", si fermava davanti la mia cella e con gli occhi inseguiva i tanti
libri con cui l'avevo occupata. Un giorno mi chiese in regalo un libro. Gli
dissi di scegliersene uno. Guardò con attenzione: scelse un'antologia di poesie
di Gibran. Qualche settimana dopo me ne chiese un'altro.
Lo invitai ancora a scegliere. Volle leggere
l'antologia di Lee Masters. Aveva dunque scelto: un poeta della vita e uno
della morte. Era una strana coincidenza. Qualche giorno dopo fu scarcerato. Lo
vidi andare via. Carico di niente. Ma forse con l'animo ancora riempito di
poesia, di vita e di morte. E anche quando scoprii che l'egiziano volle e
scelse proprio quei libri semplicemente per la carta dura della copertina,
ideale per fabbricarsi in cella delle ottime canne, in qualche modo fui
contento: Nur aveva incontrato la poesia. E la poesia brucia...
(di S. Ferraro, da Galera, le ultime incisioni)
(di S. Ferraro, da Galera, le ultime incisioni)
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