il Decreto varato ieri è, per carità, un razionale passettino in avanti sul terreno della "buona gestione" del problema del sovraffollamento, soddisfa l'esigenza di acquietare qualche animo, ha il pregio di non affermarsi attraverso una misura deflattiva come l'indulto che, in questo momento storico, si rivelerebbe disastrosa.
E' una misura che si giova della matematica: 30 giorni di scarcerazione anticipata in più, alzi di un anno il tetto per accedere all'affidamento in prova e...tremila reclusi sono fuori!
Matematica, appunto.Il diritto c'entra poco.
E', altresì, una misura che supporta, "sponsorizza", in maniera esasperata la misura detentiva "domiciliare" e sebbene, al momento, la stessa potrebbe rivelarsi utile per drenare un po' di umanità fuori dalle mura sottraendola alla tortura dell'infernale delle nostre prigioni c'è un'inquietudine di fondo che tali scelte lasciano inevitabilmente trapelare: perché la scelta dei domiciliari? E' un "parcheggio provvisorio"? E', al contrario, una scelta che lascia intravedere scenari futuri della sanzione
Ci sono ragioni forti per sottrarre ai "domiciliari" la valenza di "buona" sanzione (intendiamoci, qualsiasi sanzione diversa dal carcere è sempre più utile del carcere), ragioni che provo a esporvi qui sotto ripescandoli dalla mia recente pubblicazione presso l'editore Rubbettino "LA PENA VISIBILE
Gli
arresti domiciliari? No, grazie!
Anche
gli arresti (tecnicamente "detenzione") domiciliari hanno dimostrato, nel tempo, di essere una
misura in grado di contenere il fenomeno della recidiva. Sono una
sanzione dotata di una certa forza e, sul piano afflittivo, hanno spesso
dimostrato peculiarità più incisive rispetto alla pena carceraria.Gli
arresti domiciliari contengono, però, rispetto al carcere, delle
positività importanti: permettono, per esempio, al reo la coltivazione degli
affetti familiari, limitano l’interazione con ambienti «inquinati»,
realizzano una delle forme di auto-controllo più interessanti ed
efficaci il cosiddetto meccanismo del reo carceriere di se
stesso.Gli
arresti domiciliari, però, soffrono di palesi limiti e controindicazioni dovuti,
principalmente, alla natura prettamente «domestica»
della misura. Condizione che finisce per riprodurre, in
negativo, alcuni momenti della reclusione intramuraria. Infatti, gli
arresti domiciliari:
a.
non responsabilizzano;
Il
reo è ristretto a casa propria. In questo modo gli vengono precluse
tutte le attività responsabilizzanti. Così, dopo un po’ di tempo,
la misura ricrea quello stato di convalescenza carcerario che è
uno dei meccanismi più deresponsabilizzanti. Il reo «non può
fare», egli è assistito (spesso, riverito) dal nucleo familiare. La condizione
esclusivamente domestica nega al reo qualsiasi tipo di interazione
attiva obbligandolo, di fatto, a non poter essere responsabile, a non
progredire, molto più spesso a regredire.
b.
Sono inerti e improduttivi;
La
costrizione domestica, a lungo andare, abbrutisce. Essa si concretizza
in una interminabile sequela di azioni identiche e ripetute che
agevola l’inerzia e il torpore. L’assenza di attività vera rende questa misura improduttiva e sterile;
c.
Vengono eseguiti in un ambiente troppo permissivo e non nuovo;
L’ambiente
familiare, anche quello più sobrio e virtuoso (e non è
sempre la regola) difficilmente potrà costituire per il reo un
sistema di interazione che rinnova credenze e valori e sia in
grado di comunicare riprovazione. L’ambiente familiare è un
nucleo sociale troppo conosciuto che si pone, spesso, con remissività
rispetto alle esigenze, agli stessi voleri del reo. Esso riproduce
dinamiche e interazioni sociali ripetute, in qualche modo,
usurate da un pregresso troppo consolidato: insufficiente quindi
a modificare o condizionare in senso sostanziale le scelte future
del reo.
d.
Rendono difficile la pratica della regola positiva;
L’ambiente
familiare, per le stesse difficoltà di cui sopra, ben difficilmente
potrà instaurare una serie di relazioni e interazioni attive finalizzate alla pratica della regola
positiva (da La Pena visibile, di Salvatore Ferraro, Rubbettino Editore, pagg. 101-102)
Ecco, ben venga questo decreto che, in quanto tale, si inserisce con tutta la sua provvisorietà e interlocutorietà tutta emergenziale a offrire una piccola ma significativa manutenzione all'obbrobrio delle nostre prigioni. Non cadiamo, però, nella trappola (anche in buona fede) di vedere in questi modelli degli scenari futuri auspicabili della sanzione penale. Il percorso da fare è tutt'altro...
da La Pena Visibile (o della fine del carcere), di Salvatore Ferraro, Rubbettino Editore
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