da Agenzia Radicale
Per alcuni il nome deriverebbe da 'coercere'. Ma secondo altri è
nell' aramaico che la parola carcere affonda le sue radici: carcar, si
scriveva nell'antica lingua semitica. Tumulare. Un verbo che Salvatore Ferraro,
giurista ed ex detenuto ha usato spesso durante la presentazione del suo ultimo saggio, 'La pena visibile', edito da Rubbettino.
Forse perchè anche la sua mente, prima ancora del suo stesso
corpo, è stata seppellita nel terreno arido del sistema giudiziario italiano:
spogliato - e non solo metaforicamente - delle sue vesti di cittadino, il detenuto viene estirpato dalla comunità che ha
'infettato' con il suo carico di minaccia per essere inumato nel limbo della
passività.
Qui, nelle prigioni di Stato, Ferraro ha trascorso un anno e
quattro mesi di carcere preventivo, per poi scontare altri otto mesi ai
domiciliari. Da quel momento fu chiaro lo scopo da perseguire: impegnarsi
affinchè la “tumulazione carceraria” sia sostituita da una sanzione che restituisca il condannato alla società attraverso relazioni e attività ad essa utili, cosicchè la pena
diventi 'visibile' e l'espiazione dellla colpa fruttuosa.
Non si tratta di abolire
la punizione, ma di riformare drasticamente un sistema che, spiega Ferraro,
è fallito: la reclusione, oramai da trecento anni, non soddisfa nessuna delle
esigenze per cui è applicata. L'uomo è privato della sua libertà perchè ha un
debito da estinguere nei confronti della società in cui vive, ma la pena
carceraria non farà altro che farlo sentire creditore rispetto a un mondo che
lo ha dimenticato, cancellato, annullato.
Dietro le sbarre c'è
l'invisibilità. Ed è contro questo mantello stregato fa scomparire l'uomo che
Ferraro punta la sua bacchetta magica: il condannato deve pagare, ma deve farlo
fuori, attraverso un percorso sanzionatorio a cui partecipano lui stesso, la
vittima del reato e la comunità.
Il reo potrebbe ad esempio lavorare in un ospedale, in un museo
e, svolta la sua attività quotidiana, potrebbe tornare a dormire a casa
propria, agli arresti domiciliari, oppure in strutture d'accoglienza pubbliche.
Un sistema ovviamente da applicare soltanto ai condannati non pericolosi che,
come sottolinea ancora il giurista, in Italia rappresentano il 94,% dei reclusi: per ognuno di loro – è
bene ricordarlo – ogni mese lo Stato spende più di 4000 euro.
Negli ultimi dieci anni il sistema penitenziario italiano nel
suo insieme è costato circa 30 miliardi
di euro. E un tasso di recidiva altissimo. E la condanna di
Strasburgo. E diritti persi. E centinaia e centinaia di suicidi. Quella di
Ferraro, questo è certo, oltre a rappresentare un interessante spunto di
riflessione (e l'ennesima occasione per un profondo mea culpa di società e
istituzioni) è probabilmente un'utopia intessuta di proposte intriganti e
teorie poco praticabili.
Ma è sicuramente questo il punto di partenza per lasciare ai
fantasmi le loro catene e ridare agli uomini la loro carne, le loro ossa, i
loro muscoli. La loro visibilità. (F.U.)
Nessun commento:
Posta un commento